L’uva
asprigna
Assaggio quest’uva asprigna
scesa dalle colline brumose
e cresciuta nel fango
dei filari zappati a mano.
Non è generoso il clima su queste colline.
L’autunno comincia ad agosto
e l’inverno è lungo sei mesi.
La gente ha lo sguardo duro
e scruta il cielo con la mascella serrata.
Quando cade la neve
ci si chiude in casa,
nel camino si consuma il legno
tagliato a misura d’estate
e accatastato nel ripostiglio protetto.
Darà vino asprigno con sapori di zolfo
quest’uva che non vuol maturare.
Ma la gente di qui non se ne preoccupa.
Sono secoli che beve vino asprigno con sapori di
zolfo.
La gente qui ha lo sguardo duro
e sfida il cielo con la mascella serrata.
Sono quadrate qui le mascelle, uomini e donne.
Sono facce scolpite nel legno
nei lunghi inverni davanti al camino.
Sono facce che sanno del fango
quando scende dalle colline brumose.
Arriva la sera col fieno sopra la testa
il vitello che scalcia nella stalla impaziente.
A cena il tavolo vicino al camino
che fa luce fioca su sedie di paglia
abitate da facce con mascelle quadrate
lo sguardo fisso per una preghiera,
la minestra che fuma nella scodella.
Torna l’alba per andare nei campi,
la zappa e la vanga per l’orto,
i buoi a tirare l’aratro, il vomere che scava la
terra,
e ancora, alla semina, metterla incinta.
Le facce scolpite nel legno scrutano il cielo
senza un lamento perché tutto è già scritto
e non ci si può fare niente.
Sale la bruma dalle colline,
attacca i filari di vite nel fango
ne sconvolge i sapori,
fa asprigni i filari dell’uva.
Ma la gente di qui non se ne preoccupa.
Sono secoli che qui la gente
beve vino asprigno con sapori di zolfo.
Lorenzo Poggi
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