Poesie di Massimo Pacetti
Il testo poetico di Massimo Pacetti dal titolo “Nomade”,
riporta alla mente un ideale quadro
dove poter trarre sogni, acquerelli di paesaggi incantati,
favole, ricordi, viaggi partoriti da animo
fervido, che conosce tutti i lati di quel poligono che è
l’esistenza.
E’ senza dubbio una valutazione positiva a fronte di
un’opera complessa ed emozionale nel
contempo.
Il poeta è, l’unico vero pittore che vaga proprio come
“nomade”, raccontando e raccontandosi
fra passaggi di nude
verità.
E’ cronista attento e nulla sfugge al suo sguardo avvezzo
alla profonda conoscenza d’ogni realtà.
Gli incroci fra i i temi che Massimo Pacetti propone in modo
garbato, sono vari e provengono da
una poetica e toccante rivelazione.
In essi tutto vive, palpita, ma non si disperde , sebbene
l’armonia del cuore del poeta, ritrovi al
termine del percorso, la
chiave giusta per poter vivere fra ideali e concretezze.
Ognuno di noi sa come fare i conti con la forza interiore.
Massimo Pacetti non vuole insegnare
o suggerire, ma attraverso la lettura delle poesie, risulta
evidente quanto sia simile e vicino
il nostro pensiero al suo.
Spesso accade che poeti e scrittori, sappiano con destrezza
e talento dare la visione esatta
di quello che vive nella nostra interiorità ; leggerlo,
colpisce e alleggerisce il peso della solitudine,
questo, il momento magico dove si insinua il sogno..
I sogni per il poeta sono abiti vecchi, usati, sebbene
fossero ,in tempi diversi, nuovi e pieni di colore.
Sogni che vagano nel cuore e non possiamo sapere se
torneranno ad essere abiti nuovi o
dimessi.
Bellissima e intensa la metafora che Massimo ci regala nella
poesia “I Sogni”,la chiusa della
quale
è …”non sai se
verranno o partirai da solo”.
Dal sogno, il tracciato di Massimo affronta il senso
dell’amicizia, vissuto dall’autore con estrema
nostalgia.
Quel passato
remoto riporta l’’immagine di persone
amiche che si soffermavano a parlare
dei loro interessi, a
commentare i fatti del giorno, ed esprimere liberamente le idee con la serenità
nel cuore e la vivida luce di segrete speranze.
Oggi è solo un correre”…si va di fretta ,abbiamo sempre
qualcosa da fare”. Grande verità a grande
dono da parte di Massimo di saperlo condividere e di aver
preso consapevolezza anche di questo aspetto
del cambiamento esistenziale.
E’ da sottolineare fra queste pagine poetiche, come tema
ricorrente, la visione della “fine della vita”.
Massimo, non si dilunga a parlarne, ma fa capire quanto sia
presente nei suoi pensieri e quanto spesso si senta sfiorare dal suo freddo
alito.
Nella poesia “Universo separato”, Massimo Pacetti elabora questi versi …E’ indistruttibile la
morte/
lascia sempre qualcosa, ai vivi/ fossero solo ceneri…la
morte è la realtà che vive ogni giorno.
Nella lirica “ Il grano” l’afflato dell’esistenza
nell’assaporare il profumo intenso del grano, fa compren-
dere cosa sia l’ultima fermata verso la quale ci dirigiamo.
Persino in “Raggi bianchi”, colpito da un onda “immensa e
scura”, aggrappato alla difficoltà della
resistenza, per risolverla, Massimo dall’uscita dal buio
tunnel, ritrova la vita e dice …”ora posso finalmente addormentarmi senza
morire”.
Bellissimo questo suo
affrontare le sfide e la sensata capacità
di averle in qualche modo
combattute,
tanto da creare nella sua anima la sensazione della potente
energia interiore, che persino la morte
non è più frutto di paura .
Egli esce dalle esperienze rafforzato, più partecipativo, temprato e pronto a rimettersi
in gioco.
E’ in “un’altra strada” che esprime questo concetto in modo
più esplicativo regalando questi versi :
I campi minati della vita/ non finiscono mai/ bisogna
imparare ad attraversarli/ senza saltare in aria,
e ancora …”dove tutto è incerto/l’esistenza è incerta/ e
l’unica certezza/ e che sei ancora vivo/ e
puoi guardarti intorno/ e scegliere la strada/ sulla quale
incamminarti…”
E’ continuativo lo sguardo di Pacetti nel passare da un valore vitale all’altro, di
volare fra una sensazione e
un’affermazione matura perché vissuta in prima persona, per
emozionarci nella lettura dei suoi versi.
Nello scrutare il mondo, egli ne vede anche la parte folle e
negativa che respiriamo ogni giorno,
nell’interagire con chi e ciò che ci circonda.
Massimo Pacetti, uomo colto e sensibile, sa comunque,
cogliere tutti i lati della dimensione
umana
con linguaggio educativo, ma anche stupito.
Le poesie sono simili a fotografie, alcune sviluppate,
alcune rimaste negative, come domande delle
quali non si conosce la risposta.
Forse si può cambiare, sostiene il poeta, quello che noi
stessi abbiamo inquinato con il nostro egoismo, con le nostre misere virtù, ed
arrivare al miele della conoscenza che
ci è negata di sapere , o quanto meno
aiutarci con il “Credo” da sgranare ogni giorno mentalmente.
Il poeta lo propone, mentre recita nei suoi versi il disagio
dell’anima e l’effimero da contrastare.
Nell’interrogarsi,
Massimo, esprime il suo pensiero sulla caducità e sul mistero della
vita,
nella poesia “Frammenti”, che ha come incipit “Non so perché
viviamo”, ritorna il pensiero della
morte, ed insieme la bellezza del creato, in antitesi
quindi, per portarci alla riflessione della dolcezza
che assaporiamo, e del nulla che siamo, in attesa di cosa?
Noi piccoli dentro un mondo infinito di cui non si conosce
la fine e neppure l’inizio; ecco perché definisce la specie umana come
“frammenti” mentre l’eternità è solo universo…”quello è Dio “.
Una vera e propria recita di fede questo splendido riverbero
di luce che fa vibrare l’anima.
Il suono che accompagna tutte le poesie ha un suo ritmo, che spesso cambia, diventa
più forte
o più debole, amalgamandosi al tema proposto.
Non manca il valore dato allo spazio e al tempo. Qui i versi
vagano fra geometrie di oggetti e
geografia di “ cose, tante cose, troppe, così come Massimo
rivela nella poesia “Spazio e tempo”
tanto da sommergere gli uomini.
Il “ cantore” degli
anni spensierati si contrappone a quello che prova le prime delusioni, fino a
toccare la voglia di
essere un “pagliaccio”, di vestire i panni dove poter nascondere la propria
vergogna di essere e sentirsi soprattutto uomo; il
mimetizzarsi gli dà sicurezza e l’abbandono
nei panni di un pagliaccio supera il disagio di un istante.
Come un uomo in cammino su strade bianche o asfaltate,
Massimo Pacetti continua fra piccoli
flash
sulla sua terra d’origine, quel tracciato nomade che lo
porta ovunque.
Le tematiche
profondamente trattate, non solo nascondono la visione graffiante e reale del
creato, ma
contengono la sensibilità concettuale della ricerca della
libertà interiore che fa da sfondo al proscenio
dell’anima del poeta.
Questa la vera chiave per meglio addentrarsi nell’universo
di Massimo?
La voce e il canto dell’autore risuonano in armonia nel
riflesso di una filosofica contemplazione
delle cose, che porta ad una universale e personale verità.
Nella poesia “Occhi curiosi”, Massimo asserisce “…è facile
giudicare/ma la verità/ non è quella che pensi”.
Egli, prende la sua strada, ignorando la pochezza cha
avvolge il mondo, come dentro un cumulonembo,
ed esce da quel guscio
che opprime qualunque pensiero,
accompagnandolo dalla voglia di sconfiggerlo, di lasciare dietro le spalle il
marcio umano e codificare la parte migliore che ci appartiene,un
ristoro ,una certezza e la solitudine
mai cercata, ma che spesso si impossessa
dell’autore, mettendo in gioco il suo equlibrio.
La simbiosi fra il poeta e la solitudine a volte svelata, a
volte metaforizzata, arrivano al canto
d’amore sublimato e eternizzato come i suoi stessi versi
esprimono …”Solo l’amore è una/ realtà
che nessuno/ può negare o annientare/ tutto il resto è/ posticcio,
precario, instabile/ nessuna conquista rimane/ sul corpo, nell’anima/ nello
spirito ,nella mente / tutto passa, scorre / è effimero e nel/ tempo fa
sorridere.
Ecco , dunque il poeta ha trovato la sua chimera.
Sarà solo questo l’appiglio per continuare a camminare nell’altalena vitale? O
diversamente il poeta sogna ancora e crede
nella libertà, nella sua personale libertà, che egli stesso definisce
“nomade?”
Come ogni “errante”, finalmente libero da qualsiasi orpello,
da ogni ipocrisia Massimo prende la
strada che
gli permette di non badare, all’oppressione imposta, come se
fosse un “modus vivendi” da rispettare e
da un comportamento vincolato
all’incertezza.
La sua scelta è visibile , quella scelta nella quale Massimo mette il lettore a conoscenza nella
chiusa della
sua ultima poesia che dà il titolo all’opera :
Incontro a…” quella montagna/ di luce dove/ non fa mai
notte/ e dove per raggiungere/ la vetta bisogna/
non avere paura/.
Il suo pennello è stanco, si ferma, il quadro è stato
dipinto con tante prospettive diverse, lo si può
ammirare in ogni luogo, e soprattutto nell’amore che …E’ il
cammino della Terra che/ogni giorno rinasce/ e gira, gira, gira…
Patrizia Pallotta Giugno 2013