martedì 1 ottobre 2013

(esca)Recensione- Luca Riviera

Vite Parallele nelle fotografie di Luca Riviera
di Iolanda La Carrubba




Nel mondo della tecnologia, delle opportunità a portata di clik le arti visive, strettamente legate al mezzo tecnico, sono alla portata di tutti. In particolare la fotografia è un ambito senza più confini, senza necessità di settorialismi asettici-atipici, la semplicità di potersi esprimere e cimentare attraverso la macchina fotografica, non è più un ambiente riservato ma un luogo di dominio pubblico.
Tuttavia sussiste ancora la comprensione del dato oggettivo che contraddistingue l’artista dall’amatore, si ama la fotografia per univoche emotività, sia essa paesaggistica, sia essa sperimentale, sia essa elaborata attraverso l’uso del computer, ma la fotografia d’arte possiede la forza dell’espressione, si contempla attraverso la traduzione della realtà.
E’ l’occhio che scatta il vero protagonista del soggetto ritratto, congelato, immortalato.
Per metabolizzare lo scatto fotografico e riuscire a fondervi comprensione stilistica e primigenio sentimento, si deve comunque possedere una spiccata sensibilità, nel percorso fotografico di Luca Riviera da subito ci si convince che tutto questo sia presente.



Ansel Adams sostiene che “non ci sono regole per una buona foto, ci sono solo buone fotografie” vedendo le fotografie di Riviera si incontra un umanità concisa, in grado di far vivere il soggetto fotografato tramite il fruitore, è emozionante la sua capacità di incontrare attraverso l’obbiettivo, i personaggi, i luoghi, le situazioni nell’incensurato viaggio lungo vite parallele.
Sintonie armoniose e forza intuitiva contraddistinguono la totalità di questi scatti colti, elargiti con precisione stilistica, incastri di ritratti naturalistici, volti, oggetti dove non vi è soltanto il bel vedere della fotografia ma anima, passione, riflessione. Nulla è trascurato i dettagli, il campo d’angolo, il totale dell’inquadratura, sono calibrati, geometrici, raffinati, incastri perfetti di singole storie che delineano la totalità dell’oggi.



Questo è un caso in cui l’atto fotografico prescinde dal ricordo per affermarsi nella testimonianza del momento, attimi liberati da ogni convenzione sociale eppure intrisi di tangibile affermazione nell’esistere, nell’essere  hic et nunc.
Mete, destini, azioni, destin-azioni coinvolgenti ed affabili che celano qualcosa di sconosciuto ed oscuro:
« Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più a ripetersi esistenzialmente. In essa, l'avvenimento non si trasforma mai in altra cosa: essa riconduce sempre il corpus di cui ho bisogno al corpo che io vedo; è il Particolare assoluto, la Contingenza sovrana, spenta e come ottusa, il Tale, in breve la Tyché, l'Occasione, l'Incontro, il Reale nella sua espressione infaticabile. » (Roland Brathes, La camera chiara)




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