Di Maurizio Stasi
Cara
vecchia Inghe!
Mi
ricordo ancora quando,
studenti,
venivamo alla “Casaccia”!
Un
vecchio caseggiato rossiccio,
dove
avevi impiantato
“Er
mejo prostibblolo de Roma”!
Portavi
sempre quella tua giarrettiera
di
trina bianca, con la coccarda d’oro!
Te
l’aveva regalata quel tuo arciduca,
nel
diciassette, quasi sessant’anni fa!
Nel
diciassette avevi quindici anni,
due
occhi di mare ed i capelli di grano maturo!
Eri
giovane, bella, e già battevi
la
difficile vita dei prostiboli di città!
Ma
quanti uomini aiutasti
ad
attraversare il Tagliamento dopo Caporetto!
Quanti
ne salvasti dalla prigionia, dalla morte!
Quanti
ne rimandasti, sani, alle loro case!
Mia
vecchia Inghe!
Nel
quarantadue, ad El Alamein, c’eri anche tu!
Furono
le tue mille lire,
guadagnate
in centinaia di notti d’amore,
a
salvare la seconda sezione mitraglieri!
Comperasti
mille litri di benzina dai tedeschi in fuga!
Furono
poi le ore tristi del quarantatrè!
L’armistizio!
La guerra di liberazione!
Quante
notizie, sui movimenti dei tedeschi
fornisti
ai Badogliani, alla Garibaldi!
Quante
vite salvasti trasportando medicinali,
viveri,
armi, munizioni!
Campagna
del quindici-diciotto!
Campagna
del 43-45, sul tuo petto,
ma
soprattutto, tre generazioni di Italiani
allietati,
da te e dalle tue donnine!
Perché,
tu Inghe, non hai voluto
né
onori né gloria, ed onori non hai avuto!
Sei
rimasta sempre te stessa!
Un
gran puttana! “La mejo de Roma” però!
Lo
dicevi sempre tu!
Al
tuo funerale oggi, non cè nessuno.
Né
i giovani del novantanove,
né
i partigiani della Garibaldi!
Anche
i figli tuoi, che non uccidesti,
hanno
scordato la tua bara!
Addio,
vecchia grassa Inghe!
Io
ti saluto come la migliore Donna,
che
abbia mai conosciuto!
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