domenica 1 settembre 2013

(esca)FotoRacconto: Sarah Panatta


Piazza Vittorio: human backstage

Testi e fotografie

di sarah panatta






Questa accavallata strategia di con-cavità angolari. Uniforme ritorno di linee di fuga.

Se fosse diventata, o sempre stata, a tua insaputa, il perimetro sicuro del tuo immoto scontento?

Figlio eterno, che abiti oscenamente assente e statisticamente plurimo questo giardino di pietra.
 

Figlio che languisce ai banchi di una Storia di sbucciate ecoplastiche,  tumulata nel calore asfissiato di spazzature oltre umane. Figlio del post che della postuma sua consapevolezza si beffa. Figlio che matura e snatura nell’eterna promessa di un bagliore troppo lontano. Figlio torna a te. Tu che vivi nella memoria dei tarli paterni e noleggi paternità irresponsabili, quando hai smesso di chiedere perché? Di desiderare come? Di guadare dove? Hai mai cominciato?

Non esci dal cono d’ombra, spazio di immaginazione mancato. Preferisci il sentiero già battuto, dove figli tuoi, tuoi fratelli, avanzano su infiniti binari, senza sfiorare l’imperfezione della propria sintesi. La possibilità non utilitaristica del contatto.

Contagio. Lo spauracchio della civiltà dei confini. Le malattie, le armi chimiche, gli sbarchi, i terrorismi nucleari, le mascherini, i gas, il fumo. Quanto fumo. È la materia dei confini.
Li trasforma in cicatriziale sgomento, poi in indifferente echeggiato lamento. Smettere di sentirlo e di sentirci è facile. Premere un tasto, sfogliare una pagina, linkarsi ad altro paesaggio, altro confine, altra cicatrice, altro. L’altro non è mai nostro. È il cittadino vicinissimo dell’altrove sperduto e fracassato a pochi centimetri di distanza.

Figlio, entri sempre uscendo da quei portici orizzontali. Attingendo sporadico ai cieli diversi, instabili, profetici di tante porte quanti sono i tuoi giorni. Ti nutri dell’ambiguità polverosa dei tuoi scambi, degli sguardi evitati, delle danze abbozzate falsate abbandonate.

Figlio della grande Migrazione. Hai deciso di esplorare oltre le colonne d’Ercole.
 
 
Eppure hai lasciato marcire il seme di ogni terra nuova. Hai prediletto conquiste proterve.
Negando il dialogo del tuo Credo hai tramandato spesso solo un monolite unitario in terra straniera. Figlio della Migr-azione. Hai smesso di gattonare per imparare il linguaggio di penetrazione che non puoi più rimandare?

 

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