martedì 2 luglio 2013

Vacancy: Sarah Panatta

Vacancy: La Grande Bellezza

Sorrentino-Servillo: la bellezza de “l’uomo in più”
di sarah panatta
 
“Io mi ricordo…ricordo i microfoni a giraffa…Io mi ricordo tutto…I teatri…i camerini…i flash…le lacrime degli spettatori…l’ispezione anale…tutti volevano andare a letto con la star…Io non mi sono mai sentito bello. Mi sono sentito potente…Non me ne è mai fregato un cazzo di nessuno…ho sempre amato la libertà. Voi non sapete che cazzo significa”.
Primissimo piano, (ed è già) fine.
Non un commiato difensivo dallo show biz schiavista. Non un apologo egocentrico e autoconsolatorio. Una presa d’atto. Un atto. Una penetrazione in diretta, consapevole, e per questo non ruffiana, davanti a telecamere votate a strappare il percentile voyeur dell’audience appena sintonizzato. Ci dice di restare a guardare finché la cecità non sarà che un rumore bianco nel buio del Viaggio. O finché non desteremo per uno sparuto istante le pupille improvvisamente e brevemente terse dal languore appena compartecipato del rimpianto. O finché non entreremo, insieme a lui, nella risacca dell’esilio auto-condizionato, perciò liber(at)o.
Tony Pisapia, alias talento rifiu(ta)to, alias carne dal macello post-moderno, alias Jep Gambardella, alias nemesi dell’intellettuale che può/deve “dire” tutto a tutti per raddrizzare il mondo di tutto-tutti, alias Toni Servillo, alias anima desiderante e corpo contundente del cinema visto-parlato-scioccato di Paolo Sorrentino. Fulmicotone estetico, impressione meta-finzionale di un cinema che è arte totale, geniale polpettone tecnico-visivo, armata destrutturazione autoriale. L’uomo in più (Ita 2001) scava un tunnel ideale per l’evasione barricata del più imperfetto ma certo più complesso (e chiacchierato e sovra-strutturato e ghettizzato e necessario forse) La grande bellezza (Ita 2013).
Tony come Jep. Hanno sempre saputo. Bambini d’oro del sistema cultura, facce oppositive, ugola prodigio sforna-hit da un lato; scrittore della borghesia dirigenziale, mediamente acuto e straordinariamente acuto, dunque impigrito perché disgustato, dall’altro. Hanno sempre saputo, hanno ficcato il muso nel pantano del pascolo ma hanno lasciato scorrere i compagni di belati informi, senza frenarli, o avvertirli del burrone. La ritualità della caduta, o meglio la caduta ritualizzata. Pane per i denti di Tony/Jep. Uomini in più, scortati da un male di vivere lontano da Fellini, Moravia o Sartre, commutato in ansia bulimica recintata da terapeutico oblio resistenziale.
Il tempo della militanza è disgregato, irrecuperabile? O la militanza è (da sempre) pura accettazione e riluttanza, vestita di avanguardia combattente un giorno, travestita da girovaga dopata un altro? Jep come Tony, danzano tra i fantasmi. “Ah ah, ah ah”. Nella discoteca-mattatoio, tra puttane, politici, industriali, letterati, fantocci, ereditiere, cubiste, papponi, torture, torturati e torturatori. Vita da hupper class, stessa dantesca purga di gelo e di miseria. Nessun clamore, solo spazzatura tronfiamente aulente.
Primissimo piano, ed è sempre stata, Fine.
 

Nessun commento:

Posta un commento