venerdì 1 marzo 2013

(Esca)Recensione, "Memorie di alberi recisi"


Considerazioni sul libro “Memorie di alberi recisi” di Francesco Tarantino







Sembra essere opinione diffusa che ormai i miti sono superati.
Non è più tempo, è stato detto.
Sarà! Ma questo libro di Francesco Tarantino ci riporta al mito, emerge dalla terra di Calabria e ci raggiunge, ci trascina, ci coinvolge e ci travolge con questo suo poema dell’esistenza.
“Memorie di alberi recisi”, è un poema sulla grandezza dell’esistenza.
Gli uomini sono alberi, gli alberi sono oltre gli uomini. Gli alberi sono la rappresentazione della vita nell’universo. Noi, non siamo gli alberi, gli alberi sono noi.
Nel camposanto riposano i morti, gli alberi sono ancora la vita.
“E lui”, quel “lui” senz’anima taglia, uccide gli alberi e ci priva della loro esistenza.
Scrive Tarantino: “mi abbatterono un mattino di giugno/tra le risa e le beffe degli astanti” e poi  aggiunge e prosegue: “mi portarono legato ai passanti/sopra quel camion col muso da grugno/tra le indifferenti folle distanti”. Ecco, è come se rivivessimo la nostra storia.
Quegli alberi come i camion di schiavi, forzati, deportati.
L’albero che ci fa vivere e cade anch’esso, e noi con lui, sotto la furia della scelleratezza degli uomini, della loro violenza e incapacità di cogliere anche solo per un attimo l’importanza della vita di ogni creatura.
Nel camposanto si raccolgono i morti e i vivi, rimasti a testimoniare la vita. Anch’essi muoiono. E noi, a noi, cosa rimane se anche l’ultima scintilla di vita se ne va.
Tarantino con rabbia, amarezza, dolore, ci dice con la sua poesia: “non si poteva invertire il cammino/di un disegno che non era divino.” E qui, si sprigiona tutta la grandezza, la potenza evocativa spirituale delle sue parole. Sembra essere possibile invertire perfino il disegno divino, ma non lo sciagurato, violento volere degli uomini.
Nonostante ciò, Francesco, con le sue parole la sua indomabile volontà di non lasciarsi sopraffare, credo voglia anche dirci che in lui non muore la speranza e una fiammella accesa rimane ancora in quel campo santo violato.
Come ci fu detto da Bertolt Brecht “siamo in tempi dove discorrere di alberi è un delitto.”Tarantino sfida chi lo accusa di questo delitto e rivolge a “lui”, il suo accusatore, che gli alberi ha tagliato, l’accusa di quel delitto.
Noi, testimoni di questi tempi bui, accogliamo il libro di Francesco Tarantino come la nostra guida fra gli alberi, con gli alberi, in quel camposanto; affinchè le creature vive vi possano ritornare a sognare e ricordare.

Massimo Pacetti Roma, febbraio 2013
Considerazioni sul libro “Memorie di alberi recisi” di Francesco Tarantino

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