venerdì 1 marzo 2013

CinePoesia. Strade perdute


Strade perdute, di sarah panatta


Traccia discontinua, frugo

  indizi di creta nel turgore sospeso della notte

      connesso, al battito remoto della città, già sepolta

                                                                         

                                                                                Sobbalzo nel tunnel neo-nato, dei corpi sfuggenti

                                    intuisco schegge moltiplicazioni opache rivel-azioni.

Trattengo distanti i fiati accaldati di ibernate intimità


Esecutore del sonno dal sogno astenuto,

  sul rotante acciaio delle tempie distese scandisco il delitto

seriale meditazione del cosmo vago enumerato enigma


Molle minima pressione

sulla superficie quasi umana dei compagni attraversati,

digito connotati dopati per compravendite suicide

Nell’estasi temuta dell’assenza

    predatore ribaltabile su sedile carnivoro

                         arranco nella metallica sordina

                                                         del vagone occhieggiante, spazio di epidermiche ombre

                                                                                                      Autista de-collato

                                                                                                                parcheggio l’ultima dimora,

mobile rinvio per il cieco

sparo

Nota EscaMontante per autostoppisti poetici. Per il lettore potenzialmente astenuto. Per il lettore che "di passione cinefila non si vive" ma di passioni necrofile si governa. Per il lettore post elettorale stupito, già accalappiato da liane melancoliche, laggiù nel pantano della politica ingovernabile schedata da europei borsistici affanni. Per il lettore che "strade perdute? comprati una mappa". Strade perdute è una prova, un innesco, una cinepoesia in affanno. Nella corsa di Collateral e nel buio filosofico-edipico di Cosmopolis, Strade perdute si infiltra e mappa solitudini odierne, sostuendo la visione di Linch con il più scarno dilemma precario, "ho poche cartucce, forse buone, ma qui stiamo sparando alla cieca?"...

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